Il nostro racconto dell’esperienza con Patrick Woodroffe a “Illuminando Le Star”
@Teatro Sociale di Bergamo
Evento organizzato da Claypaky e Audiosales, patrocinato da AILD.
Patrick Woodroffe è uno tra i più illustri Lighting Designer sulla scena mondiale da molti anni. Vanta un portfolio di esperienza professionale di altissimo pregio non solo nel mondo dell’entertainment – Rolling Stones, Michael Jackson, Elton John, Ray Charles e molti altri – ma anche nell’architettura – Olimpiadi di Londra – e in svariate altre sperimentazioni. È stato il primo lighting designer ad essere insignito con l’illustre onorificenza Honorary RDI (Royal Designer for Industry) dalla Regina d’Inghilterra, uno dei primi riconoscimenti ufficiali per un professionista del lighting design.
Incontrare Patrick Woodroffe è sempre un colpo di gioia.
È un uomo affabile, elegante, semplice e con quella straordinaria ricchezza di esperienza professionale che si traduce in qualità dell’essere. O verosimilmente è il contrario. Insomma un autentico gentlemen del lighting.
Per la seconda volta la nostra Associazione è stata coinvolta a patrocinare uno degli storici eventi di Claypaky “Illuminando le Star”, che rappresentano opportunità speciali per toccare con mano le stelle del lighting e farsi contaminare dalla loro esperienza attraverso racconti e dettagli che, soprattutto per noi del settore, sono una bomba vitaminica. Ed anche un forte imput ad elevare la qualità dei nostri progetti e della nostra professionalità.
Abbiamo avuto il piacere di essere con Patrick fin dalla sera prima, invitati ad una conviviale ristretta offerta dagli organizzatori dell’evento nella magica cornice di Bergamo alta. È stato bellissimo incontrarlo di nuovo in quel clima friendly e assai allegro, dove abbiamo gustato dell’ottima gastronomia locale conclusa con una strategica demo del nuovo pargolo di casa Claypaky, Skylos, che ha dominato con la sua gittata potente la vallata bergamasca e il cielo sopra di noi – e dove le zanzare bergamasche hanno finalmente avuto il loro attimo di gloria scintillando nei fasci luminosi. Come spesso accade in Italia, la serata si è conclusa nella cantina privata della location “Il Pianone” a sorseggiar grappa, con un affascinato Patrick che scattava foto alle bottiglie d’annata velate di ragnatela. Parlandogli della nostra Associazione, e raccontandogli in particolare degli ultimi sviluppi riguardanti l’imminente normativa di riconoscimento professionale del lighting designer, abbiamo subito percepito un grande entusiasmo da parte sua e così gli abbiamo anticipato alcune delle domande che gli avremmo posto nel merito il giorno successivo.
Il Teatro Sociale di Bergamo, in cui si è svolto l’evento, è stato il palco perfetto per i racconti di Patrick. Forse qualcuno di noi presenti aveva già ascoltato in passato le storie e gli aneddoti delle sue mirabolanti esperienze, ma possiamo garantirvi che ogni volta il sapore è più intenso e coinvolgente.
Un Dream Team di Soci AILD – insieme a me Walter Lutzu, Paolo De Bellis, Fulvio Michelazzi, Mauro Carnevale, Davide Gagliani e Daniele Giorgi – ha raggiunto la location con l’entusiasmo di respirare del buon ossigeno professionale (siamo sempre avidi di questo), e dopo un buon caffè e la goliardia che sempre ci accompagna quando possiamo incontrarci di persona, abbiamo preso posto in platea per l’inizio dello show.
Sarebbe troppo lungo e di certo incompleto il report di tutto quello che ci ha condiviso Patrick – vi incitiamo a partecipare la prossima volta! – ma speriamo che questa carrellata fotografica possa regalarvene un assaggio insieme alle impressioni dei Soci AILD che hanno partecipato all’evento.
Walter Luztu, Vicepresidente AILD: “L’esperienza con Patrick è stato un momento di pura ispirazione. Mi ha colpito la spontaneità con cui condivide il suo stile basato sulla monocromaticità, il suo modo di operare in fase di programmazione luci che abbiamo potuto apprezzare dal vivo in una improvvisazione con il bravissimo Dylan di Claypaky. Ha parlato di come affrontare gli errori con intelligenza ma soprattutto con onestà. Insomma, un pacchetto completo per chiunque voglia intraprendere il percorso professionale di Lighting Designer, e un paragone sano per chi lo è già.”
Paolo de Bellis, Direttivo AILD: “Un’esperienza gradita che mi ha arricchito. Nonostante l’impronta fortemente entertainment, ho apprezzato il consiglio di mantenere sempre un occhio scenografico in ogni contesto di progettazione della luce, per cui penso che il dialogo tra luciai del mondo dello spettacolo e di quello architetturale andrebbe sempre più caldeggiato. Guardando al passato, la lezione che si evince è che la mancanza di mezzi si sopperisce bene con l’ingegno – da tenere a mente soprattutto quando il bagdet a disposizione è limitato come purtroppo spesso accade -, e come mantenere un profilo basso è sempre un distintivo professionale attuale. Sono sempre più convinto che queste esperienze vanno vissute e coltivate di persona, perché il comodo monitor non potrà mai sostituire il calore umano che insaporisce e rende speciali questi incontri.”
Daniele Giorgi, Socio AILD: “Mi ha colpito il rapporto paziente e gentile che instaura con i suoi collaboratori, cosa non da poco al giorno d’oggi, e ne abbiamo avuto una dimostrazione con l’improvvisazione di un lighting setup che ha concluso la giornata. Mi porto a casa una comprensione finalmente completa di come conoscere a fondo l’artista o qualunque committente e come costruire il significato di ciò che solo dopo si può tradurre in un progetto di illuminazione originale.”
Fulvio Michelazzi, Direttivo AILD: “Prima nota che ho apprezzato: il lighting designer prende spunto da ciò che osserva nella realtà e poi lo riporta nello spettacolo, non solo il sole sugli oggetti ma anche ad esempio l’illuminazione di una raffineria può essere una grande ispirazione. Emblematica la foto di uno dei primi concerti dei Pink Floyd dove usarono un bidone da 50 galloni pieno di acqua bollente che servì per produrre fumo usando il ghiaccio secco. Ha sottolineato come sia importante conoscere innanzitutto le regole dell’uso della luce, per poterle rispettarle ma anche tradire allo scopo di ottenere un certo risultato. In conclusione, ho avuto il piacere di ascoltare una vita parallela unita alla mia dallo stesso mezzo espressivo. Alla fine della fiera è sempre anche bello trovarsi con altri aildiani e guardarsi negli occhi.
Valerio Tiberi, Socio AILD: “Felicissimo di essere stato invitato da Claypaky alla conviviale serale insieme a questo maestro della luce e del live. Per me è sempre stato un punto di riferimento per la sua poliedricità nel fare non solo live ma anche teatro, architettura, musical, che è il percorso professionale che ho sempre inseguito anche io: la possibilità di mescolare i diversi linguaggi della luce. E poi c’è la sua personalità, un uomo che ascolteresti per ore per quanti aneddoti e ricordi ha nel suo storico bagaglio, e per la sua ampia cultura che credo sia il segreto che lo ha portato dove è arrivato oggi. Mi son divertito molto a scambiare con lui opinioni durante la demo dello Skylos soprattutto per gli approcci diversi che si possono avere nell’usare la medesima luce. Infine, è sempre con grande piacere che incontro gli amici di AILD.”
Davide Gagliani, Socio AILD: “Patrick ha parlato della sua carriera come di un racconto fantastico, perché così è! Il suo rapporto non solo di conoscenza professionale ma anche di amicizia con le star del calibro di Michael Jackson o Elton John è la chiave per cui è riuscito a personalizzare per ciascuno di loro il progetto lighting perfetto soprattutto dal punto di vista emozionale. Sono davvero grato e spero di ripetere presto l’esperienza!”
Memore della conversazione della sera precedente riguardo la normativa di riconoscimento professionale, con mia sorpresa (e soddisfazione) Patrick in un momento strategico della sua narrazione mi ha chiesto dal palco di introdurre la domanda che gli avevo promesso la sera precedente, per poterla parteciparla con tutta l’audience del teatro senza aspettare il timing previsto per le interviste.
Patrizia Stella De Masi, Presidente AILD: “Dal tuo punto di vista di Lighting Designer di calibro elevato e internazionale, che ama ricordare di essere stato appellato agli albori della sua carriera come “the guy that makes the lights”, che ha vissuto direttamente un lungo pezzo di storia del lighting e ha contribuito personalmente ad imprimergli nel tempo una forte anima di bellezza tecnica e artistica, qual è la tua idea sul riconoscimento professionale che come ti abbiamo raccontato sta per vedere la luce in Italia, e come consideri in generale l’importanza di fare l’upgrade ufficiale a questa straordinaria quanto complessa professione di Lighting Designer?”
Patrick Woodroffe: “Certamente in Inghilterra questo business è iniziato con solo una ventina di noi Lighting Designer. All’epoca c’erano appena un paio di aziende che producevano alcuni PAR e alcuni Follow-Spot. Ma ad un certo punto lo scenario è cambiato. Ad esempio, quando abbiamo realizzato uno dei primi show per i Pink Floyd lo abbiamo fatto in un teatro. Ma si trattava di uno show piuttosto grande e importante a quei tempi, e quindi le produzioni hanno iniziato a ragionare sul muoversi fuori dai teatri e usare location come gli stadi di grande portata con una capacità ad esempio di 80.000 persone. Quello che intendo è che le produzioni avevano a quel punto anche una maggiore capacità di investimento, e proprio per questo avevano anche l’ambizione di realizzare show più grandi e più spettacolari per audicence sempre più numerose – motivo per cui cominciarono a fare la loro comparsa anche i grandi sistemi audio e sistemi di illuminazione più strutturati e complessi. Quell’evoluzione ha significato che improvvisamente il nostro lavoro di lighting design iniziava ad avere una certa importanza, tanto che cominciava a vedersi anche qualche installazione nell’architettura; oggi si può affermare che l’entertainment lighting e quello architetturale sono diventati due campi fortemente connessi, nel senso che chi esegue performance nel primo sempre più spesso lo fa anche nel secondo e viceversa. Dunque, per la complessità che sta raggiungendo il lighting design in generale, credo che ottenere il riconoscimento professionale in Italia per questa disciplina sia cruciale, all’improvviso ci fa sentire maturi, ritengo che sia davvero molto importante per tutti. Ricordo che ero così emozionato quando mi fu riconosciuto il titolo di Honorary RDI dalla Regina di Inghilterra; credo sia stata la prima volta che un lighting designer abbia ricevuto un riconoscimento ufficiale, e questo ha significato moltissimo per me.”
Grati in quel momento del plauso, e anche dell’incoraggiamento ricevuto la sera prima, da parte di questo iconico ambasciatore del lighting design, abbiamo provato grande soddisfazione pensando al lavoro svolto senza tregua, ma non senza difficoltà, per giungere all’obiettivo di una norma di riconoscimento ufficiale (entro l’anno dovremmo farcela) a beneficio di tutto l’entourage italiano dei lighting designer, grazie all’iniziativa intrapresa da AILD nel 2019, anno in cui abbiamo promosso e ottenuto l’apertura del GL15 “Lighting Designer” nell’ambito della commissione UNI CT023 “Luce e Illuminazione”. Un primo passo, ma di certo determinante come dice Patrick. E al tempo stesso la sua risposta ha confermato ciò che in AILD – associazione che ha il pregio di rappresentare tutti i campi di applicazione del lighting – sosteniamo da sempre, ovvero che il lighting design ha avuto una grande svolta a partire proprio dal mondo dell’entertainment, che a nostro avviso rimane ad oggi capofila di settore in termini di evoluzione tecnologica, sperimentazione, capacità di controllo e di espressione artistica, parametri che consentono al progettista di centrare perfettamente l’obiettivo di lighting performance.
Patrick è un professionista eclettico, che ama sperimentare in molti ambiti del lighting. Compresa l’architettura, per la quale gli abbiamo chiesto di condividerci la sua visione.
Patrick Woodroffe: “In termini di luce architetturale, penso che per un periodo molto lungo gli edifici siano stati fondamentalmente illuminati con luce diffusa e indistinta, cosa che li appiattiva in una sorta di alone aranciato. Poi ad un certo punto la tecnologia ci ha dato la possibilità di usare apparecchi di dimensioni più piccole che potevano essere meglio distribuiti in uno schema luce che avesse un qualche senso. Ed è proprio a quel punto che si è cominciato a capire che grazie alla luce si poteva avere una lettura più profonda e completa dell’architettura, e questo a mio avviso è la cosa più importante: illuminare un edificio semplicemente per “pavoneggiarlo” non ha alcun senso, come spesso accade in molti luoghi in America ma soprattutto in medio ed estremo Oriente, dove tutto della luce è veramente troppo! Capita spesso di vedere uno di questi altissimi grattacieli illuminati con dei video incredibili che letteralmente diventano la nuova grana dell’edificio, ma subito accanto poi vedi alcune orribili luci lampeggianti e ti rendi conto che non esiste alcun controllo della situazione. Vorrei davvero ci fosse un po’ di disciplina seria in tal senso. Una volta mi è stato raccontato che c’è un uomo a Parigi che di mestiere fa il lighting designer per questa che è indubbiamente la città con la più bella illuminazione al mondo. Di base si tratta di un ufficio con una ventina di addetti, e chiunque voglia accendere una qualsivoglia luce in città, compresi i privati, deve chiedere l’autorizzazione che solo quest’uomo può rilasciare. È la ragione per cui a Parigi, ad esempio, la maggior parte degli edifici sono illuminati con solo straordinarie sfumature di luce bianca – cosa che al contrario non accade quasi mai nel resto del mondo – e dunque il paesaggio notturno parigino risulta unico e spettacolare. La lezione è che ci deve essere coesione nell’illuminazione di una città, e la luce deve essere ragionata e coordinata, come accade a Parigi. Perfino a Londra vedo edifici illuminati magnificamente e altri che non lo sono affatto, e questo non ha senso perché non rende il senso di ciò che è realmente la città.”
Alla domanda su cos’è che caratterizza un lighting designer al di là della molteplicità delle applicazioni, ha risposto con quella che potrebbe diventare a pieno titolo una delle prime regole (semmai fosse possibile) da inserire in una norma, e che consegniamo a chiunque nutra passione per questa disciplina:
“Be always aware of the light, anytime, anywhere”.
Dei molti racconti condivisi, uno in particolare commuove ogni volta chiunque lo ascolti, soprattutto per l’intensità teatrale con cui Patrick riaprire il sipario della storia e ci accompagna sulla scena di quegli attimi drammatici: le ultime ore prima e quelle immediatamente successive alla notizia della scomparsa di Michael Jackson, proprio quando il capolavoro di Kenny Ortega “This is it” vedeva la conclusione delle prove generali. Ricordando le ultime parole scambiate sul set quell’ultima sera con MJ – che lui definisce “un artista tutt’altro che semplice, ma in fondo una persona molto dolce” – Patrick gli accennò alla magia che avevano finalmente raggiunto con quel lighting setup, e la risposta fu “Patrick, it’s all about magic”.
Patrizia Stella De Masi, Presidente AILD